Le manifestazioni dell’antifascismo parmense sotto il regime

a cura di Ilaria La Fata

 

 

Nel periodo della dittatura fascista fu sempre presente un’opposizione più o meno manifesta: benché sorvegliati, spesso divisi o isolati, molti italiani dimostrarono la loro profonda avversione al regime non solo attraverso l’emigrazione e la clandestinità, ma anche semplicemente con atteggiamenti anticonformisti e di non accettazione dei simboli del potere. In particolare, dopo l’introduzione, nel 1926, delle leggi speciali, qualsiasi espressione di “irregolarità” sociale fu considerata una dimostrazione di ostilità nei confronti dello stato fascista, con il conseguente inasprimento del controllo poliziesco e della repressione.

Una importante novità per la comprensione di questi eventi, in città come nei paesi della provincia, è data dalla disponibilità delle carte del Fondo Questura di Parma, conservate presso l’Archivio di Stato, che comprendono le schede e i fascicoli personali di circa 3000 sorvegliati ritenuti in vario grado pericolosi per l’ordine pubblico: questa unità didattica si basa prevalentemente su tali carte.

 

Il laboratorio prevede la lettura di documenti tratti dal Fondo Questura di Parma, di documenti fotografici, testi memorialistici e stampa coeva. Nelle scuole della provincia i laboratori verranno svolti utilizzando i fascicoli degli antifascisti dei relativi comuni.

 

Nella prima lezione ci si soffermerà sulla modalità della repressione fascista (dall’ammonizione al confino, al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato) subita dai “sovversivi” parmensi; nella seconda lezione si analizzerà l’antifascismo organizzato e quello antifascismo “spontaneo”, distinzione fatta sulla base dei criteri di pericolosità definiti dagli organismi addetti alla repressione.

 

 

L’unità didattica, composta da due incontri di due ore ciascuno, è rivolta alle scuole secondarie di primo e secondo grado.

 

 

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