Cosa cambia e cosa no del concetto di famiglia nelle diverse società

a cura di Tifany Bernuzzi

 

 

Tutto il mondo crede di sapere cosa sia la famiglia: essa sembra rilevare l’ordine della natura, che è ciò che le conferisce un carattere di un assunto universale, quanto meno nella sua forma elementare, di tipo coniugale, definita dall’unione socialmente riconosciuta di un uomo e una donna  che vivono insieme con i propri figli. Essa esige la cooperazione di gruppi distinti di consanguinei per ricrearsi generazione dopo generazione ed è ciò che permette alle società di esistere su basi relativamente pacifiche, di funzionare e di riprodursi.

Ritroviamo forme di famiglia sia tra i popoli più sviluppati che tra quelli più primitivi. La cellula coniugale elementare (padre-madre-figli) infatti, è anche l’unità di base delle famiglie poligamiche dove più unità dello stesso tipo si dividono lo stesso congiunto o anche delle famiglie cosiddette estese, che troviamo in numerose regioni del mondo e che le società occidentali hanno conosciuto sotto forme e appellativi differenti. Ciò che è interessante notare è che, nonostante l’istituzione familiare sia così vitale, essenziale ed apparentemente universale, non esiste per essa, così come per il matrimonio, una definizione rigorosa e soddisfacente di tutte le sue sfaccettature.

Infatti la famiglia coniugale è praticamente universale ma essa può assumere forme singolari  perché non si tratta di un’esigenza naturale. Niente è d’altra parte biologicamente fondato all’interno dell’istituzione famiglia, nemmeno il rapporto madre-figlio (non sempre e ovunque è la madre biologica che allatta e cresce il proprio figlio): il sesso, l’identità dei partner, la paternità e la maternità fisiologica non sono delle esigenze assolute. Ciò che conta è la legalità dei rapporti ovvero un tratto non naturale ma al contrario prettamente sociale. Ciononostante non esiste alcuna società priva di una istituzione che risponda più o meno a queste esigenze o che adempia a tali funzioni.

 

Attraverso materiale fotografico e letture di testi le lezioni vogliono quindi mostrare come le società nel tempo e nello spazio hanno sopperito alla necessità di creare questa istituzione artificiale e quali sono le esigenze sufficientemente forti da far sì che tali varianti abbiano un denominatore comune in modo che, attraverso “l’incontro con l’atro”, gli studenti possano osservare la relatività di modi di vivere in società partendo dalle stesse esigenze ed acquisire una visione più ampia e critica della possibilità di cambiamenti.

 

 

L’unità didattica prevede due incontri di due ore ciascuno ed è rivolta agli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.

 

 

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