Conflitti e identità nella Parma del Novecento

Ciclo di incontri

 

1, 8, 15 dicembre 2010 
Circolo Materia Off
Borgo S. Silvestro 40, Parma

 

 

Tre incontri e una mostra fotografica per capire la storia sociale e politica del Novecento parmense. Una storia segnata dal confronto di due mondi distanti: quello dei borghi popolari – con la sua miseria e le sue orgogliose rivolte – e quello dei palazzi del notabilato, luoghi di decisione del potere politico ed economico.
Ormai scomparsa nel frastuono della movida e dello shopping, quella città in bianco e nero riemergerà attraverso racconti, immagini e documenti.

 

 

Mercoledì 1 dicembre 2010 – ore 21,15
I borghi
di Margherita Becchetti e William Gambetta 

Oltre il ponte, al di là del torrente, un’altra città si erge. È Parma vecchia con i suoi vicoli accartocciati, le osterie e le camere del lavoro. Un ambiente poco raccomandabile per i “signori” di Parma nuova, dove anche le guardie e gli agenti di pubblica sicurezza devono muoversi con prudenza. Qui, la padrona è la povertà, con le sue malattie, la denutrizione cronica e l’alcolismo diffuso. Qui abita la “teppaglia”, la “feccia”, l’infima umanità di una capitale ducale decaduta a piccola città del Regno.

 

Mercoledì 8 dicembre 2010 – ore 21,15
Le rivolte
di Margherita Becchetti e William Gambetta
Scontri, tumulti, sommosse e rivolte hanno per decenni segnato la storia del popolo dei borghi: a più riprese e ben prima delle Barricate antifasciste dell’agosto 1922, l’insofferenza popolare si è espressa in duri e imprevedibili atti di opposizione alle autorità che hanno accentuato la distanza tra le due città. E con quell’indole sovversiva, sebbene con esiti diversi, si è dovuta confrontare più di una cultura politica, dall’anarchismo al socialismo, dal sindacalismo rivoluzionario all’antifascismo comunista.

 

Mercoledì 15 dicembre 2010 – ore 21,15
I simboli
di Margherita Becchetti e William Gambetta
Eretti in tempi diversi, in scenari sociali e politici lontani uno dall’altro, i monumenti a Giuseppe Garibaldi, a Filippo Corridoni o al Partigiano – principali simboli dell’identità pubblica della città – sono stati frutto di un ricorrente tentativo della classe dirigente locale di dialogare con il popolo dell’Oltretorrente, di autorappresentarsi e proporsi ai suoi occhi come potere autorevole. In fin dei conti, dunque, essi non sono stati che una mediazione tra le opposte identità della città dei signori e quella dei ribelli.

 


In collaborazione con

Materia Off